Newsletter numero 180, 10 novembre 2011

Prove di governo tecnico

Il futuro capo dell'esecutivo sarà Mario Monti, tecnocrate. Nessuno, né a destra né a sinistra, voleva un governo prettamente tecnico e invece eccolo che si profila. Per trasformare come d'incanto il tecnocrate in politico Napolitano ha promosso il futuro capo dell'esecutivo a senatore a vita per "meriti scientifici". E' già scattato il solito toto-ministri tra i politici, ma ad esempio il New York Times conferma che ci sarà un governo tecnocratico. Che l'italietta stia preparando un altro dei suoi esperimenti da esportazione?

1944: Il ciclo storico del dominio politico della borghesia

Quando si muove l'America...

Nato il 17 settembre a New York, in meno di un mese il movimento "Occupy Wall Street" è diventato un fenomeno mondiale. Il 15 ottobre, in più di mille città di 80 paesi, milioni di persone sono scese in piazza contro... beh, non è chiaro. Di sé stesso il movimento dice di essere la continuazione delle sollevazioni popolari del Nordafrica e del Medio Oriente. Dice di essere contro la sperequazione sociale ("Siamo il 99%!"). Confusamente, dice di odiare il capitalismo e di volere una società migliore (quale, non si sa) e per adesso ha prodotto una rete internazionale supportata, mentre scriviamo, da 20.400 aderenti in 2.400 città. Il suo sito Internet è diventato il nodo quasi esclusivamente organizzativo di una rete nella rete. Forte delle spinte materiali che l'hanno fatto nascere, il movimento è indiscutibilmente robusto, tanto da obbligare i sinistri di ogni paese ad accodarsi. Avevamo detto: "Wisconsin, Egitto". In due mesi siamo a "New York, Mondo".

2011: Marasma sociale e guerra
2011: Mille città

Occupy Oakland

Era inevitabile: siccome il moto spontaneo "contro l'ingiustizia e per una società migliore" non ha prospettiva, mentre la polizia non ha dubbi sul come difendere quella capitalistica, il movimento "Occupy Wall Street" ha dovuto, a Oakland, passare allo sciopero generale. Ogni movimento di piazza che abbia grandi obiettivi deve prima o poi arrivarci. Ne avevano dato prova i manifestanti greci. C'erano andati vicino quelli egiziani. Diversi anni fa s'erano fermati a oltranza i lavoratori della rete di trasporti UPS. Nel 1980 avevano scioperato a oltranza quelli della Fiat e quelli dell'intera Polonia. La differenza è che oggi esistono strumenti di coordinamento e di organizzazione che una volta non c'erano. E sono gli stessi che fanno funzionare la macchina capitalistica, è difficile neutralizzarli. Non si tratta ovviamente di esaltare gli strumenti al posto della lotta. A Oakland l'hanno capito benissimo.

2001: I sedici giorni più belli

Internazionalizzazione

Un lettore ha trovato impressionante la foto di copertina dell'ultimo numero della rivista. Lo è, ed è emblematico che lo sia. Cliccando per lo zoom, si notano migliaia di persone accalcate in piazza Tahrir. Sappiamo che quella massa non è "polarizzata" su un programma preciso. Dopo aver contato i propri morti e feriti, sembra attendere qualcosa, non ha avuto ciò in cui sperava. I cartelli sono in arabo. Nelle manifestazioni che si sono susseguite nel mondo i cartelli si sono internazionalizzati. In Nordafrica si solidarizza con l'America e viceversa. Persino in Israele sono comparsi cartelli unificanti in ebraico, arabo e inglese. Con il passaggio dal Mediterraneo del Sud a quello del Nord e infine all'oltre Atlantico, le parole d'ordine si fanno sempre più anticapitalistiche. Si moltiplicano i messaggi di solidarietà che circolano in rete, nei quali si fa strada la consapevolezza che "protestare" non basta, che "indignarsi" serve solo a fare il primo, piccolissmo passo.

2011: L'Egitto in rivolta al centro di un ampio marasma sociale

I liberatori

Non s'era ancora raffreddato il cadavere di Gheddafi che già s'inaspriva la guerra fra potenze per mettere le mani sulla Libia. La Francia si affrettava a proclamare la fine delle operazioni militari per sfruttare "civilmente" il piccolo vantaggio realizzato con l'interventismo della prima ora. Gli Stati Uniti e l'Inghilterra prospettavano invece la continuazone della presenza militare con il pretesto della rivalità armata che contrappone le bellicose tribù libiche e del solito fondamentalismo islamico. L'Italia si affiancava. Evidenziata ancora una volta la nullità della politica unitaria europea, lo scenario libico è uno dei tanti che dimostrano come le guerre d'oggi non siano altro che episodi di uno stato permanente della società capitalistica. Date le strategie globali dei maggiori protagonisti, la distinzione fra guerra e pace incomincia a non avere più senso neanche in ambito locale.

2002: Imperialismo con l'acqua alla gola (dottrina militare della guerra preventiva)
2002: Leggi di simmetria e scenari da incubo (politica USA e contraccolpi)
2011: Marasma sociale e guerra (Egitto, Libia, Siria)

Questioni "nazionali"

La Bomba iraniana torna alla ribalta e Israele minaccia un intervento massiccio dei suoi bombardieri. Torna alla ribalta anche la questione palestinese con il riconoscimento della Palestina da parte di 107 paesi dell'UNESCO, mentre si intensificano le interferenze dei maggiori paesi imperialistici presso i paesi del Mediterraneo toccati dalle rivolte. "Giù le mani dalla sovranità nazionale!" gridano le partigianerie mai stanche di affiancarsi alle borghesie locali o a loro frazioni. Ovviamente non si può essere indifferenti né verso vasti movimenti sociali, a prescindere dalla confusione delle rivendicazioni che esprimono, né verso gli scontri fra stati, che in genere sono lo specchio dei rapporti interimperialistici, ma è certo che in questo inizio di terzo millennio non possiamo fare nostra né la richiesta borghese di libertà, democrazia, nazione, ecc., né l'ipotesi leniniana di rivoluzione doppia. Ne consegue che non ha senso indignarsi per la penetrazione "neocoloniale", o entusiasmarsi per le richieste di democrazia, ecc. L'ondata che sta scuotendo il mondo è il prodotto di un inceppamento senile della produzione di plusvalore, ovunque, e questo solo fatto essenziale spazza via qualsiasi altra considerazione, qualsiasi distinguo, qualsiasi ritorno alla "questione nazionale" (del resto già superata con la fine delle ultime colonie).

2007: Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio

Miracoli cercansi

Il "Consiglio Pontificio per la giustizia e la pace" dichiara che alle origini della crisi ci sarebbe un'ideologia dell' "apriorismo economico", dalla quale conseguirebbe l'assoggettamento della società alle leggi di mercato e di sviluppo del capitale. Lasciamo perdere questo consueto rovesciamento filosofico dell'ideologia che produce fatti al posto dei fatti che producono ideologia e veniamo all'interessante conclusione del millenario organismo: occorrerebbe "un'Autorità mondiale, unico orizzonte compatibile con le nuove realtà del nostro tempo e con i bisogni della specie umana". Fantastico: chi darà potere legislativo, esecutivo, giudiziario e militare  a un qualche Organismo (ad esempio all'ONU) per governare il mondo? Neanche il Padreterno riuscirebbe a miracolare il capitalismo con un fascismo planetario.

2009: La crisi storica del Capitale e la "nostra" teoria dell'imperialismo

Terremoti & Alluvioni S.p.a.

Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia sono finite di nuovo sott'acqua. Morti, feriti, dispersi. Soprattutto miliardi di danni. Per il capitalismo è un business: capitale investito in grandi concentrazioni al posto di oculate e poco redditizie manutenzioni del territorio. Ricordate quel tale impresario intercettato che sghignazzava alla notizia del terremoto in Abruzzo? All'Aquila la messa in sicurezza delle case ancora in piedi e la ricostruzione di quelle crollate ha costi troppo alti per i singoli privati e la speculazione è già piombata sugli attuali proprietari facendoli sloggiare dal centro storico, che sarà riservato a strutture di lusso. Per il resto si continua scriteriatamente a costruire nelle zone sismiche, nelle fiumare e nelle golene, si intubano i fiumi, si cementano i torrenti si tagliano le rogge e i fossi dell'antica antropizzazione. Capiterà al solito di vedere cantieri, magari per rifare cento metri di argine, con quattro scavatrici, dieci bettoniere, due autogru, un paio di geologi, sei geometri, quattro capicantiere, tre operai immigrati, e un amministratore col compito di far triplicare i costi del preventivo! Fino alla prossima "catastrofe naturale".

1951: Piena e rotta della civiltà borghese
1951: Omicidio dei morti

Viva la cultura

Mettendo insieme dati del World Editors Forum, dell'OCSE e di uno studio di Tullio De Mauro vediamo che negli ultimi dieci anni, nonostante la diffusione dell'informatica e della comunicazione con tutti i mezzi, i dati sull'analfabetismo non sono cambiati, anzi, sono peggiorati. In Italia tra analfabetismo totale, analfabetismo "di ritorno" (il non saper utilizzare le conoscenze acquisite malamente a scuola) e analfabetismo "funzionale" (non saper capire quello che si ascolta o si legge) ci sarebbero almeno quaranta milioni di analfabeti. Non male per una civiltà che mitizza la cultura e il cosciente libero arbitrio.

2003: L'estinzione della scuola e la formazione dell'uomo sociale

Newsletter