Numero 120, 30 gennaio 2008

XXX incontro di lavoro - Rimini 18-19-20 gennaio 2008

Da venerdì 18 a domenica 20 gennaio si è svolto in un hotel di Rimini il XXX incontro tra i compagni che lavorano intorno a "n+1". Le due relazioni di cui riportiamo un sunto qui di seguito e le domande con relative integrazioni hanno occupato l'intera giornata del sabato, mentre il tempo rimanente è stato dedicato al lavoro redazionale e locale.

Ancora su "Passione e Algebra" - L'interazione fra il "movimento reale" e la sovrastruttura "simbolica" nelle rivoluzioni della specie umana

Apparirà chiaro come da tempo il mondo possieda il sogno di una cosa della quale non ha che da possedere la coscienza per possederla realmente (Marx a Ruge, settembre 1843).

La dottrina del comunismo è un'utopia millenaristica che promette un fine radioso o è una scienza a tutti gli effetti? E come va studiato il rapporto fra la struttura materiale che produce effetti sulla sovrastruttura sociale e il ritorno, altrettanto materiale, che la sovrastruttura produce a sua volta sul movimento reale? La nostra corrente affermò che l'uomo per conoscere dovrà prima sapere come il suo organismo biologico si appresta a conoscere. Che relazione esiste fra l'essere biologico e la necessità di una sovrastruttura simbolica senza la quale non sarebbe stata possibile "l'umanizzazione della scimmia"? Vedremo, a partire dal nostro patrimonio teoretico, che è possibile dare una risposta scientifica a problemi che la conoscenza borghese si ostina a relegare nella sfera cosiddetta psicologica.

Situazione permanente di estrema instabilità

Il mercato mondiale ha acquisito le sue attuali dimensioni attraverso cicli di espansione legati a Stati che hanno assunto via via nella storia una posizione di supremazia rispetto al resto del mondo: Venezia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti. Vi sono delle costanti economiche-finanziarie che si sono presentate puntualmente ad indicare la fine di ogni ciclo e l'inizio del successivo. Queste costanti economiche finanziarie non si riscontrano nel ciclo attuale perché la struttura del capitale USA costituisce il limite estremo di un processo che non ha più spazio per ulteriori passi in avanti. Gli Stati perdono la loro base nazionale: questo processo non è indolore ma è costituito da traumatiche trasformazioni che irradiano i loro effetti su tutto il pianeta. In questa situazione nessuna potenza sembra essere in grado di imporre le sue condizioni al resto del mondo, e si determina quindi una situazione permanente di estrema instabilità che spiega le teorie di guerra in permanenza. I prossimi conflitti armati tenderanno ad essere privi di chiari confini temporali e spaziali, e saranno intrapresi a diversi livelli da forze nazionali e regionali.

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Cancro ideologico 1: liberismo e statalismo

"E' un vento che soffia in tutta Europa. Da noi si può parlare per l'esattezza di circa 5-6 milioni di lavoratori precari in regola. Poi però perché dimenticare quelli che si trovano fuori dalla legge? Raggiungiamo così i 7-8 milioni. A tutti questi si possono assommare tre milioni circa di doppiolavoristi che di solito non vengono contabilizzati." Così scrive il sociologo Luciano Gallino, nel suo ultimo saggio Il lavoro non è una merce (ed. Rizzoli). Il lavoro è invece una merce, e prima o poi la parte meno becera della borghesia doveva rendersi conto che il suo prezzo non può scendere al di sotto del suo valore. Se si abbassa il salario, direttamente o, con i 10 milioni di lavoratori "atipici" indirettamente, si abbassa la quantità di merci che serve a riprodurre la forza-lavoro. E' matematico. Quindi è il Capitale stesso che reclama di non essere asfissiato dai capitalisti stupidi. Di conseguenza quelli che sono guardiani migliori del profitto si defilano rispetto al liberismo selvaggio che ogni tanto fa capolino senza costrutto e ripropongono il capitalismo di sempre, quello che è statale a partire dai Comuni medioevali e dalle Repubbliche Marinare fino al fascismo e alla odierna democrazia blindata.

2008: Guido Rossi su La Repubblica: Come combattere il liberismo globale
1949: Lotta di classe e "offensive padronali"
2003: La legge Biagi o il riformismo illogico del Capitale-zombie

Cancro ideologico 2: sindacalismo neo-corporativo

I sindacati sono da almeno ottant'anni uno degli strumenti fondamentali per il domino statale della borghesia. Questo fatto è compreso da una parte dei proletari, anche se essi non riescono a vedere chiaramente un'alternativa. Ciò che risulta meno evidente è l'arretratezza tecnica e politica di questo strumento, che così com'è risulta ormai d'impiccio persino alla borghesia. Al lettore attento non sarà infatti sfuggito uno schieramento borghese che sta battendo la grancassa sull'inadeguatezza dei salari italiani, che in qualche caso li aumenta unilateralmente e che propone soluzioni sociali neo-corporative cercando di smuovere l'apparto sindacale dal suo torpore burocratico. I vari Montezemolo sanno benissimo che la concorrenza asiatica non si può battere sul piano dei salari, ma solo su quello della produttività, della tecnologia e dei consumi interni di merci ad alto valore d'uso e di scambio, specie quelle che Marx chiamava "continue" (ferrovie, telegrafi e oggi elettricità, telefoni, televisione, internet, ecc.). E si stanno accorgendo che il ritorno allo sfruttamento di tipo schiavistico, da essi ben accolto non tropo tempo fa e accettato senza fiatare dai sindacati e dai partiti di sinistra, porta non solo alla bassa qualità produttiva ma al caos sistemico. Perciò eccoli a reclamare un esecutivo statale che sappia "far sistema" e a pretendere che il sindacato sappia almeno fare un minimo di politica keynesiana.

2008: Metalmeccanici: una strana atmosfera contrattuale

Cancro ideologico 3: democrazia

Elezioni o governo tecnico-istituzionale, sta di fatto che si piange di nuovo sulla crisi della democrazia. "La differenza tra la democrazia e la dittatura è che nella prima ti fanno votare poi ti danno ordini, mentre nella seconda non ti fanno perdere tempoa votare". Con questa sintesi grezza ma efficace lo scrittore americano Charles Bukowski riusciva meglio di tanti sinistri a svelare la truffa della democrazia. Per i democratici il voto libero e uguale è il fondamento della libertà, ma il voto non è mai stato uguale e tanto meno libero. "Cento che agiscano sempre di concerto e d'accordo prevarranno sempre su mille che agiscano liberamente", faceva notare circa un secolo fa Gaetano Mosca (animatore, con Vilfredo Pareto, del movimento élitista). E in realtà la democrazia è un sistema di oligarchie mascherate, che schiacciano il singolo non "infeudato". Anche un neopositivista teorico della democrazia come Hans Kelsen sosteneva che la democrazia è un "sistema di finzioni" la cui ideologia, scissa dalla realtà, serve a dare ai cittadini l'illusione di delegare il proprio volere mentre non fanno altro che scegliere da chi essere governati. Una proposizione che in sostanza ricalca quella di Lenin: scegliere ogni cinque anni da quale parte della borghesia essere sfruttati.

1922: Il principio democratico

L'era delle tenebre non ha isole felici

L'età barbarica - titolo originale: l'Era delle tenebre - del regista franco-canadese Denys Arcand, forma con altri due film (Il declino dell'impero americano e Le invasioni barbariche) una trilogia sul declino della civiltà occidentale. Il Canada non è l'isola felice mostrata demagogicamente dall'americano Michael Moore, in contrapposizione agli USA, ma la versione edulcorata dello stesso sistema, fondato comunque sull'alienazione e l'imbarbarimento dell'essere umano. Il grigio impiegatuccio Jean-Marc ha una moglie che vive solo per lavorare e due figlie ridotte ad automi consumisti sin dall'infanzia. Egli cerca di sopravvivere all'idiozia dilagante e alle paranoie di massa eclissandosi di tanto in tanto in sogni, prevalentemente erotici, mediante i quali cerca invano un riscatto. Ovviamente quando ritorna alla realtà si ritrova ad essere la solita, insignificante rotella di un meccanismo fine a sé stesso. Per di più con un lavoro che dovrebbe avere alti contenuti sociali mentre non è altro che la versione politically correct della dilagante e disumana abbiezione.

2000: Tempo di lavoro, tempo di vita

Il cibionte

I testi della nostra scuola, da Marx alla Sinistra Comunista "italiana", hanno affrontato l'evoluzione del "cervello sociale" ben prima che si manifestasse con tutta l'evidenza di oggi, e ci hanno lasciato buone armi teoriche per estrapolare e connettere tutte le tracce che portano a definire il divenire della specie. Ora abbiamo anche l'interessante apporto di studi che confermano clamorosamente le nostre tesi di partenza. Joël de Rosnay nel suo libro L'uomo, Gaia e il cibionte (ed. Dedalo) si avventura nello studio combinato della società umana e della sua simbiosi con la tecnica, e ci racconta l'origine di una nuova forma di vita sulla Terra: quella di un macrorganismo planetario, il cibionte, costituito dal complesso degli uomini e delle macchine, organismi, reti, ecc. La globalizzazione moltiplica gli scambi di merce ma anche le relazioni tra gli uomini, mettendo in moto una complessa dinamica auto-catalitica, vale a dire una interazione fra l'uomo e i suoi prodotti in grado di trasformare scienza, industria, macchine, uomo, in un super-organismo unico. Oggi il cervello sociale è ancora ad uno stadio molto primitivo, ha reazioni caotiche, contraddittorie, autodistruttive. Ma è facile immaginare una sua proiezione in una società di livello superiore, in grado di comprendere la natura biologica e non affaristica della nuova specie vivente.

2000: Il cervello sociale
2001: Manifestazioni del cervello sociale

LA valorizzazione della malattia

Grazie a molti dei farmaci in commercio, la vita dell'uomo è indubbiamente cambiata. Tuttavia l'ingigantirsi dei profitti registrati dal complesso industriale medico-farmaceutico (Big Pharma) non è basato semplicemente sui farmaci che guariscono bensì sul persistere e dilagare della malattia che li richiede. Un vero insieme sistemico che integra produzione e consumo e che sembra realizzare l'impossibile teoria di Say, cioè dell'offerta che crea la propria domanda. La rivista Public Library of Science Medicine ha pubblicato uno studio dell'Università del Quebec dal quale si evince che "le industrie farmaceutiche statunitensi nel 2004 hanno speso 57,5 miliardi di dollari per la promozione dei loro medicinali, contro i 31,5 miliardi spesi per ricerca e sviluppo di nuovi prodotti". Dunque per creare il mercato si spende quasi il doppio che non per mettere a punto nuovi prodotti. Ma c'è di più: il complesso medico-farmaceutico americano tende a legare a sé i medici in un rapporto "confidenziale" che costa 40.000 euro all'anno per ognuno di essi, tra marketing e costi diretti. La malattia è un business, e guai se la massa dei malati guarisse davvero. Insomma, nella società capitalistica non potrebbe funzionare il metodo che sembra fosse in vigore nell'antica Cina: il medico veniva pagato dallo Stato quando la popolazione stava bene, gli veniva decurtato lo "stipendio" quando essa si ammalava.

Lavorare gratuitamente

No, non stiamo alludendo alla futura società senza classi. Stiamo parlando del popolo degli stagisti. Secondo una ricerca del Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale (GIDP), che ha coinvolto duemila stagisti e cento imprese, la gran parte di loro ha meno di ventisei anni, possiede una laurea, ed è costretta a lavorare fino a 48 ore a settimana senza ricevere neppure un euro. Il 40% degli stagisti ha infatti dichiarato di non avere percepito nessun tipo di "remunerazione", il 10% ha avuto meno di duecento euro al mese, il 7% una somma compresa tra duecento e trecento euro. Quanto all'esito occupazionale, alla fine dei vari tirocini, al 55% non è stato proposto alcun contratto, al 20% è stata offerta una collaborazione a progetto, al 10% un contratto a tempo determinato e al 6% un contratto a tempo indeterminato. Per un ironico e tremendo paradosso questa situazione presenta dei risvolti comunistici: il precario-stagista, spendendo tutto il suo tempo nella ricerca affannosa di lavori e nello svolgerli, vede coincidere la sua vita con il lavoro. Ed è abolito anche il salario!

2003: La legge Biagi o il riformismo illogico del Capitale-zombie

Crisi finanziaria e miseria crescente

L'aumento della produttività (produzione di più merci con meno operai) e quello della popolazione operaia occupata sono incompatibili, a meno di non aumentare in modo esponenziale i consumi, che però non possono aumentare se una parte della popolazione non percepisce salario ecc., in un circolo vizioso di variabili dipendenti. Nel Rapporto annuale dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro si esprime viva preoccupazione per l'anno appena iniziato. La flessione economica, conseguente alla crisi dei mercati finanziari e al rialzo deciso del prezzo del petrolio, rischia di creare cinque milioni di disoccupati in più. Nel 2007 il numero dei senza lavoro è stato pari a 189,9 milioni, quasi tre milioni in più rispetto a quelli del 2006. Negli ultimi dieci anni c'è stato un incremento complessivo di 22,1 milioni con un tasso di crescita del 13 per cento. Gli autori dell'indagine avvertono che quasi un lavoratore su sei nel mondo, quindi circa mezzo miliardo di lavoratori, non riesce a innalzare il tenore di vita oltre la misera soglia di un dollaro al giorno, mentre un miliardo e trecento milioni di essi si ritrovano a vivere con una paga quotidiana che non supera i due dollari. E, nonostante tutto, c'è ancora chi parla del capitalismo in termini di progresso.

1949: Marxismo e miseria
2006: La legge della miseria crescente

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