Newsletter numero 141, 18 gennaio 2009

Obama presidente

Nel numero di dicembre della rivista abbiamo scritto: "Non cambierà proprio niente a livello dell'economia politica. Crescerà invece l'autonomia del Capitale. A dispetto di Obama, il quale non farà altro che sovrintendere all'ennesima guerra finanziaria dell'America contro il resto del mondo. Finché a forza di fare non si estenderà al pianeta l'attuale guerra guerreggiata." Detto fatto: Barack Obama, che rafforzerà il piano bushita di rifinanziarizzazione dell'economia pari all'intero PIL americano, ha già detto che intende inviare altri 30 mila soldati americani in Afghanistan per arginare i talibani vittoriosi. Demo-pacifisti pro-Obama, dove siete?

2008: Barack Obama e il governo del mondo

Guerra simmetrica in Palestina

La nascita di Israele fu il risultato del confronto militare fra due potenziali rivoluzioni borghesi, quella ebraica e quella araba, utilizzate smaccatamente da USA e URSS ai fini del loro scontro imperialistico. Vinse il paese imperialista più forte e di conseguenza il suo protetto, mandando all'aria i progetti sia ebraici che palestinesi per le rispettive nazioni. Israele divenne uno Stato-servo e la "questione palestinese" cessò di essere "nazionale" e divenne, come tante altre, un problema locale della rivoluzione comunista internazionale. L'attuale guerra dura da sessant'anni, provocando tensione, rabbia e sofferenze a un popolo che, nonostante tutto, mostra di non essere veramente sconfitto. Non esistono dunque "guerre asimmetriche": se ci sono e durano è perché hanno trovato una loro infernale simmetria. Non possiamo simpatizzare per nessuna borghesia, tanto meno per quella palestinese, smidollata, corrotta e adesso - Mossad aiutando - anche fondamentalista. Ma onore delle armi ai combattenti, pur se costretti a violare il principio militare della conservazione delle forze. Vergogna invece ai sedicenti rivoluzionari, pronti a sposare qualunque causa borghese, purché "resistente".

2007: L'eterna questione palestinese
1955: Le Alsazie-Lorene del Medio Oriente
1955: La crisi del Medio Oriente

Israeliani contro la guerra

Ventun membri del gruppo "Anarchici Contro il Muro" sono stati arrestati all'inizio di gennaio per aver bloccato l'ingresso di una base aerea vicino a Tel Aviv. A parte questi anarchici e altri gruppi politici, esistono in Israele organismi di soldati contro la guerra, sostenuti da migliaia di civili, così come ve ne sono di misti, ebraico-palestinesi. E dato che il servizio militare è obbligatorio e a vita, chi rifiuta di combattere (refusenik) non è semplicemente un pacifista ma un disfattista, e come tale è trattato. Stati Uniti e Israele sono gli unici paesi dove il fronte di guerra interno si è spezzato. Gli unici dove s'è spontaneamente realizzata la parola d'ordine comunista sul disfattismo di guerra.

2002: Dal fronte interno israeliano

Valzer con Bashir

Il film non è semplicemente una sviolinata pacifista come potrebbe sembrare da alcune recensioni. Il regista israeliano Ari Folman, che partecipò alla guerra in Libano nell'82, intraprende un viaggio tra i fantasmi dei "suoi" ricordi, un incubo in cui le amnesie personali si confondono con quelle collettive, veri e propri vuoti di memoria storici. Le insostenibili atrocità della guerra, di qualsiasi guerra, non sono umanamente sopportabili. Di qui la disumanizzazione come risultato patologico. La rimozione si può superare solo attraverso un processo inverso, una rielaborazione collettiva della memoria, che però, per essere portata a fondo, deve necessariamente superare barriere nazionali, religiose, etniche, quelle che dividono migliaia e migliaia di uomini, terrorizzati, impauriti, strumentalizzati.

1914: Per l'antimilitarismo attivo ed operante

rischio d'insolvenza... mondiale

Gli Stati Uniti hanno un enorme deficit pubblico, privato e commerciale. Esso assomma a 53.000 miliardi di dollari, quattro volte e mezza il PIL americano e pari al PIL mondiale. Una dichiarazione d'insolvenza da parte degli USA non è pensabile al di fuori di una guerra generalizzata, ma il mondo incomincia ad essere insofferente di fronte a una situazione che peggiora a ritmi accelerati da quando Nixon minacciava ricordando agli interlocutori internazionali: "Il dollaro è la nostra moneta ma il vostro problema".

2004: Hay gente que te quiere y gente que te USA
2008: Barack Obama e il governo del mondo

"Ho deciso di farla finita"

Italiano, 44 anni. Prima di essere disoccupato faceva l'operaio. Non aveva più un soldo. Ultimamente gli avevano tagliato luce, gas e telefono. Si è ucciso la notte di Capodanno sparandosi un colpo in testa. Gli inquirenti, giunti sul posto, hanno preso atto. La matematica statistica non è un'opinione: si sa già che la crisi economica si porterà dietro una lunga scia di suicidi. Nel 1980, solo fra i cassintegrati della Fiat, si tolsero la vita in 150.

Capitalismo drogato o drogati da capitalismo?

Sentite questa: "L'uso di cocaina da parte di operatori del mondo della finanza può aver avuto un ruolo nel dispiegarsi della crisi che ha colpito i mercati". Lo scrive Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di scienze farmacologiche Mario Negri di Milano sul Sole 24 Ore. La bella sintesi "Capitalismo drogato" della nostra corrente, per dire "malato in overdose da farmaci affinché non affondi sé stesso", è qui trasformata in una miserevole ipotesi moraleggiante sul trader allo sballo, traditore della deontologia professionale.

2000: Patologie dell'investimento

Anatemi contro la precarietà

Nessuna legge è in grado di evitare la precarietà del proletario e nemmeno di introdurla. La forza-lavoro è una merce la cui richiesta, proprio come accade per tutte le altre merci, dipende dal mercato, ormai internazionale. La Chiesa, che con le parole del Papa manifesta "preoccupazione per l'aumento di forme di lavoro precario" deve piegarsi alla legge fondamentale del Capitale, quella della miseria crescente. Essa è più potente della Divina Provvidenza, i cui ministri non possono far altro che predisporre, come hanno fatto nella Diocesi di Milano, fondi-famiglia per i bisognosi.

2003: La legge Biagi o il riformismo illogico del Capitale-zombie
2006: La legge della miseria crescente

Emergenza dell'anti-forma

Secondo un'analisi della Confartigianato, i precari ammontano al "12% del totale degli occupati e il loro aumento, in un lustro, è cinque volte di più dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato". In ogni caso, a mancato rinnovo del contratto non esistono "ammortizzatori sociali", e i giovani precari restano senza alcun reddito. Buttati fuori dalla produzione, non possono ovviamente trovar posto negli organismi politico-sindacali tradizionali, strutturati gramscianamente per posto di lavoro. Assume allora rilevanza un principio organizzativo che era fondamentale negli anni '20, prima che Mosca "bolscevizzasse" PCI e sindacati: l'organizzazione economica territoriale, al di là del mestiere e del luogo di lavoro. Ecco che allora un esercito di 7 milioni di precari rappresenta non più un esercito di disperati senza "diritti" ma immediatamente l'effettivo non-capitale, l'oggettiva e rivoluzionaria anti-forma.

1913: Un programma: l'ambiente
2003: La legge Biagi o il riformismo illogico del Capitale-zombie

Raschiando il fondo del barile

Gli accordi di Maastricht prevedevano che il debito pubblico consolidato non superasse il 60% del PIL e che il deficit annuale di bilancio dovesse rimanere al di sotto del 3%. Il debito italiano equivale invece al 104% del PIL ed è il terzo nel mondo per ordine di grandezza. Il deficit è al 3,8%. In questa situazione il ministro italico del welfare ha dichiarato: "C'è qualcosa di peggio della recessione: è la bancarotta dello Stato, un'ipotesi improbabile, ma non impossibile". Detto dal responsabile del "benessere" suona alquanto sinistro. L'Economist sostiene da parte sua che se lo stato italiano non riuscirà a vendere i suoi titoli in concorrenza con quelli stranieri, potrebbe fare la fine dello stato argentino nel 2001. Il bello della faccenda è che nessuno dice che cosa bisognerebbe fare. Perché nessuno lo sa.

1996: La questione italiana

Il fronte interno occidentale brucia:

1. Malmoe

A Rosengaard, quartiere periferico di Malmoe, in Svezia, sono durati una settimana gli scontri tra giovani e polizia. E' saltata per un momento l'immagine di tranquillità sociale nordica. Sbirri in divisa sono stati coadiuvati da sbirri in borghese, cioè volontari reclutati fra tutte le componenti sociali ed etniche. Interessante: lo Stato non ce la fa più a controllare il "popolo" e chiede autocontrollo. Sennonché nelle banlieues di Parigi i collaudati centri di autocontrollo francesi erano già stati... centrati, con le molotov.

2. Oakland

La rabbia è esplosa in coda al funerale di un ragazzo assassinato da un agente di polizia. I democratici accusano la guardia di "eccesso di difesa" e chiedono che sia fatta giustizia, naturalmente. Intanto una prosaica vendetta si compie nelle strade, dove si danno alle fiamme le solite automobili e i soliti negozi. Ma che c'entrano le merci? Si chiedono i piccoli borghesi indignati. C'entrano, eccome se c'entrano.

3. Atene, Salonicco e altre città

a rivolta greca di dicembre ha visto il formarsi improvviso di piccole comunità-contro. E anche qui lo scenario è stato ben diverso da quello delle lotte proletarie del secondo Novecento, sempre incanalate, nonostante la combattività degli operai, nel più "professionale" corporativismo delle istituzioni sindacal-governative. Anche qui, come nelle banlieues parigine, migliaia di uomini - studenti, giovani, disoccupati, immigrati, proletari: una vera e propria catena sociale - hanno eluso le attese dell'avversario che si aspettava rivendicazioni. La rivolta, andando al di là dei proclami dei capi, è stata finalmente negazione pura.

1947: Il corso storico del movimento di classe del proletariato
2005: Una vita senza senso
2006: La banlieue è il mondo
2007: La rivolta delle banlieues era proletaria?

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