Newsletter numero 167, 16 novembre 2010
Profittocomunque
Dal punto di vista politico la "Grande Confessione" rappresentata dal crollo del blocco sovietico non è riuscita a dissipare l'equivoco del capitalismo di stato fatto passare per comunismo. Dal punto di vista dell'economia ciascun paese continua a funzionare capitalisticamente come prima. Un esempio significativo l'abbiamo in Ungheria: mentre prosegue l'emergenza per il disastro ambientale causato dalla fuoruscita di 700.000 mc di fanghi di bauxite dai serbatoi di una fonderia di alluminio, lo stato ha deciso di rilevare l'azienda responsabile per non interrompere la produzione e "per salvare i posti di lavoro". Ha cioè fatto valere il classico principio secondo cui il profitto è privato e le perdite sono pubbliche. Un ingenuo americano avrebbe denunciato la sopraffazione socialista; gli scafati ungheresi, come tutti gli europei, non ci fanno caso, hanno già visto lo Stato imprenditore in tutte le salse.
1950: Imprese economiche di Pantalone
1952: Pubblica utilità, cuccagna privata
Paradisi in Terra
I socialisti di inizio '800, inorriditi dagli effetti sociali del capitalismo, ad esso contrapponevano modelli di società ideali. Erano utopisti ma, critici acuti di una società disumana, sapevano bene che la soluzione sarebbe stata il suo superamento, non il suo rattoppo. Oggi non si riesce a progettare niente di meglio che città come la PlanIT Valley in Portogallo, Masdar negli Emirati Arabi, Eco City in Jakuzia o le New Towns che stanno spuntando come funghi in Cina. Meravigliose città cosiddette ecosostenibili, occasioni altrettanto meravigliose di lucrosi investimenti (vedi il sito extraordinaryprofits). Un rimedio per pochi eletti all'alienazione contemporanea, comunità fittizie per sfuggire alle ipertrofiche metropoli, ma nello stesso tempo isolamento sociale riproposto a scala più elevata.
2002: Decostruzione urbana (la città nella storia e nella società futura)
2002: La dimora dell'uomo
L'ideologia dominante
Che si tratti di una manifestazione operaia, di una rivolta urbana, di un tentativo di costruire isole felici o anche di un processo di autodistruzione individuale o sociale, la dittatura ideologica della borghesia per adesso impera. La manifestazione nazionale della FIOM svoltasi a Roma si apriva con parole d'ordine della borghesia: "Diritti, Democrazia, Lavoro". Come se i proletari potessero avere garanzie sotto il capitalismo, potessero mitigare lo sfruttamento scegliendo chi li sfrutta o potessero affrancarsi dalla schiavitù del lavoro salariato senza distruggere questa forma sociale. Parole d'ordine cui Marx irrideva, relegandole, quando era costretto a redigere documenti collettivi, in paragrafi dove non dessero fastidio.
1997: Diritto al lavoro o libertà dal lavoro salariato?
2009: Un programma: l'ambiente
Scintilla in Francia: uscire dalle fabbriche
Infine il governo francese ha dovuto usare la forza per stroncare i blocchi realizzati al di fuori dei soliti ambienti concertativi. S'era infatti formata un'intelligenza collettiva e anonima capace di indirizzare la lotta sfuggendo al controllo dei sindacati. Gli operai non si sono lasciati confinare in sterili manifestazioni pacifiche o all'interno delle fabbriche e delle categorie. Anche se la lotta "al minor costo" come quella che blocca dei punti nevralgici per produrre il maggior impatto economico possibile è stata spesso indice di debolezza e non di forza, lo sciopero francese contro il governo Sarkozy ha travalicato i confini francesi assumendo un carattere internazionale. Mettere a nudo i nodi sensibili dell'approvvigionamento energetico è stato molto istruttivo per il proletariato. Non a caso sicurezza ed energia sono stati gli argomenti centrali dell'incontro di Deauville tra i capi di Stato di Francia Germania e Russia.
1985: Sempre più al servizio dello Stato
Cronache della polarizzazione sociale
Il 17 ottobre scorso è stato l'anniversario della grande manifestazione dei proletari algerini a Parigi nel 1961, stroncata con le armi dal governo De Gaulle. Vi furono circa 200 morti e centinaia di feriti, il numero esatto non si è mai saputo perché la polizia gettò i cadaveri nella Senna e molti algerini morirono per le ferite fuggendo dagli ospedali oggetto dei rastrellamenti della polizia. Fu la più grande strage dalla Comune, e ancora oggi nelle banlieues cova la rabbia per quei giorni; rabbia che si aggiunge a quella provocata dalla consapevolezza di un futuro sempre più precario. L'illusione che un'economia forte sia il presupposto di un miglioramento delle condizioni di vita sta svanendo. La battaglia dei banlieusard nel cuore di Lione, città con tradizioni di lotte operaie, è un avvertimento terribile per quelli che credevano di poter separare la racaille di vecchia e nuova immigrazione dal proletariato.
2005: Per la saldatura di lotta e organizzazione fra precari e non
2006: Nous les zonards voyous
Barricate al contrario
Il Maggio francese vide sorgere le ultime, assurde, anacronistiche barricate. A Lione il 22 ottobre scorso, durante i "disordini" contro il governo, la parte barricadiera l'ha recitata la polizia. Questa, con una manovra a tenaglia, ha spinto uno spezzone di corteo nella più grande piazza della città con il pretesto di isolare un gruppo di casseur. Bloccate tutte le vie d'uscita (una dozzina), la polizia ha impedito anche al corteo ufficiale di ricongiungersi ai "prigionieri". Solo anziani e bambini potevano allontanarsi, sollecitati a muoversi con lacrimogeni e parziali incursioni. Per sette ore s'è svolta "un'operazione un po' inedita", come ha detto il prefetto. Con qualche risvolto razzista, racconta chi c'era. Alla fine 560 poliziotti, una ventina di funzionari, un elicottero e due blindati antisommossa controllavano un centinaio di giovani. 621 persone risulteranno identificate nella giornata, 47 arrestate. Sui blog francesi ci si incomincia a chiedere se hanno ancora senso le grosse manifestazioni ufficiali a supporto di riforme quando i banlieusard hanno già mostrato come ormai sia matura la rivolta di segno non ri-formista, vale a dire anti-formista. E a Lione, scrive Le Figaro, gli irriducibili di quest'ennesima intifada francese erano banlieusard.
1951: Avanti, barbari!
2006: Banlieue è il mondo (rivolta e riforma)
La pietra filosofale che tramuta la monnezza in oro
Gli abitanti dei comuni interessati alle discariche bruciano di rabbia. Se la prendono con i politici, i giornalisti ci ricamano sopra, ma tutto è intrecciato in una rete sociale che esclude l'identificazione precisa di "colpevoli" e "vittime". La stessa popolazione ha contribuito all'affermarsi dello stato di cose esistente. E' la situazione di putredine in cui versa la più vecchia borghesia del mondo che permette di ricavare il massimo profitto da montagne di ecoballe, dall'avvelenamento dell'ambiente e dalla sua bonifica, dall'appalto della costruzione e della gestione di giganteschi inceneritori la cui "fabbrica" è eterna come quella delle cattedrali del Medioevo. E tutto ciò non può che essere condito con salse ideologiche, ecologismo d'accatto, propaganda elettorale, violenza sbirresca, pluri-mafie, fiumi di denaro e traffici internazionali. I treni della monnezza girano incessantemente per l'Europa, altro che i camion di Terzigno.
2008: Monnezza globale
Horror vacui
La vittoria di Obama nel 2008 è stata il risultato di un'insoddisfazione generale, aggravata dalla crisi e sfruttata ideologicamente con criteri di marketing. Il bisogno di cambiamento (Yes, we can!) serpeggiava soprattutto in quella che viene definita middle class, decimata dal crescente divario dei redditi. Ma il bilancio del tutto deludente che il governo Obama può presentare all'elettorato per le elezioni di metà mandato non è dovuto a questioni ideologiche: l'economia continua ad essere stagnante e i principali indicatori non lasciano intravvedere sbocchi positivi; la disoccupazione effettiva colpisce 18 milioni di americani; l'intero sistema è diventato una voragine capace di inghiottire 1.750 miliardi di dollari in stimoli senza minimamente reagire. Al di là della sbandierata democrazia, solo il 38% degli americani in età di voto ha partecipato alle elezioni, anche perché 4,6 milioni di essi ha grane con la giustizia e non può votare. L'alternativa alla crisi doveva essere lo stesso governo Obama e altro non c'è. Si sta perciò formando un vuoto di potere che non può durare a lungo e che coinvolge una popolazione insofferente, armata fino ai denti.
2008: Barack Obama e il governo del mondo
2008: Non e' una crisi congiunturale
Ordinaria amministrazione
Dicembre 2009, Università Cà Foscari di Venezia. Nuova gara d'appalto per la gestione del servizio di portierato. Vince un consorzio di cooperative milanesi. Sulla base di un decreto del 1923, confermato dal Consiglio di Stato, viene applicata la cosiddetta discontinuità lavorativa: i lavori che prevedono pause o interruzioni vengono retribuiti solo per le ore effettivamente prestate, anche se si è costretti a rimanere sul posto. Ciò significa che 45 ore di lavoro settimanali possono essere retribuite per 40. I lavoratori si oppongono, ma alla fine sono costretti a firmare un contratto capestro. Non serve a niente: il consorzio ne lascia a casa 53, sostituendoli con altri. Dopo 11 mesi di lotte e il rifiuto da parte dell'ateneo di rispettare ben 4 ordinanze del Tribunale del Lavoro che dispongono il loro reintegro, parte di essi è infine rimessa in servizio. Dopo soli due giorni riceve però un avviso di trasferimento in località fuori regione. Il sussidio di disoccupazione è finito e le lungaggini giudiziarie stanno portando i precari alla fame. Di fronte a tutto ciò, Sindacato, Provincia, Regione, Comune e Prefettura nicchiano. Il motivo è chiaro: a tutti i livelli vi è un intreccio inestricabile di interessi.
2003: La legge Biagi o il riformismo illogico del Capitale-zombie
2010: A tutti i lavoratori che salgono sui tetti