Newsletter numero 171, 24 marzo 2011
Ringraziamo i lettori che hanno risposto, numerosi, alla nostra richiesta sulla preferenza fra la e-mail come l'abbiamo inviata finora e l'allegato pdf. La "doppia direzione" ha funzionato benissimo e ci ha dato modo di ricevere, oltre alla preferenza, altra preziosa informazione. Il riscontro più sorprendente è che la nostra newsletter viene inoltrata da diversi destinatari a una cerchia molto più vasta rispetto ai soli abbonati. Non manca chi ci incoraggia per il lavoro, invia commenti, consigli, osservazioni. Un po' più della metà dei lettori preferirebbe il pdf stampabile e "volantinabile", la quasi metà rimanente si divide in parti uguali fra il lasciare le cose come stanno (lettura immediata) e l'aggiungere il pdf alla newsletter così com'è. Dal prossimo numero terremo conto di queste indicazioni.
Drammi gialli e sinistri
Il nucleare è sicuro, dicono. Già, ma relativamente a cosa? Le probabilità di un disastro sono pochissime, dicono. Già, ma anche il crollo di borsa dell'87 aveva una probabilità su diversi miliardi di accadere, e invece si è ripetuto nel '97, nel 2000 e adesso. Intanto siamo a tre disastri nucleari epocali (Three Miles Island, Cernobil e Fukushima), senza contare quelli "minori". Il fatto è che la sicurezza, così come la probabilità, è impregnata di fattori soggettivi. Se l'azienda appaltatrice del nucleare nipponico ha mentito sulla gravità del disastro e ha ritardato il raffreddamento con acqua di mare nel tentativo prioritario di salvaguardare gli impianti (e i profitti), figuriamoci che sensibilità poteva avere quando progettava la sicurezza e calcolava la probabilità.
1951-52: Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale
Le note cause materiali
L'ondata sincrona di sollevazioni popolari che ha investito il Nordafrica e il Medio Oriente, ha coinvolto i paesi produttori di petrolio. Tra di essi, la Libia costituisce un caso un po' particolare: il suo petrolio è di alta qualità "differenziale", ha una popolazione di appena 6,4 milioni di abitanti e un milione e mezzo di immigrati provenienti dai paesi limitrofi, dal Vietnam e dalle Filippine. Non ci sono strati della popolazione che vivono al di sotto della soglia ufficiale di povertà calcolata dall'ONU (tra 1,25 e 1,35 dollari al giorno), comunque il 30% dei libici in età di lavoro è disoccupato e si trova al di sotto della soglia di povertà relativa interna. Le rivolte urbane non scoppiano per la miseria assoluta ma per quella relativa, collegata alla disoccupazione o alla sottoccupazione, cioè alla "sovrappopolazione" non malthusiana. Una bomba a orologeria planetaria.
2006: La legge della miseria crescente. Verifica sperimentale con un modello di simulazione
La guerra tra predoni imperialistici in Libia
La Francia, non appena sentito che vento tirava a Washington, ha tentato di evitare la fine fatta nel 1956 a Suez, quando gli americani spazzarono via definitivamente i vecchi paesi imperialisti. Lo sbarco degli spioni inglesi a Bengasi e il ritiro della Germania hanno accelerato l'attacco francese. Solo che in difesa della no fly zone i Mirage di Sarkozy hanno colpito dei carri armati, un po' pesantini per volare. L'eccesso di zelo non servirà a niente: la Libia rischia di essere divisa in due, e comunque vada gli americani avranno un'altra giga-base, questa volta sulla sponda Sud del Mediterraneo. Complimenti, imperialismo unitario d'Europa!
1957: L'imperialismo delle portaerei
Petrolio e globalizzazione
Il presidente della Banca Centrale Europea e il Direttore del Fondo Monetario Internazionale si sono dichiarati "preoccupati" per le difficoltà di ripresa dell'economia europea e mondiale aggravate dagli aumenti del prezzo del petrolio a causa della guerra civile libica. Come se non bastasse, in seguito al devastante mare-terremoto che ha distrutto una centrale nucleare, il Giappone dovrà incrementare la sua richiesta di greggio con gravi conseguenze sulla domanda mondiale, proprio mentre le rivolte contagiano i paesi petroliferi e l'Arabia Saudita annuncia il diminuire della resa dei suoi giacimenti giganti. Ci vuole ormai poco per lo scatenarsi del panico ai piani alti del mondo.
1999: Globalizzazione
2004: Petrolio
Reti di mutuo soccorso
Ancora social network in azione, questa volta nel Giappone disastrato. Internet è stata subito protagonista della rete di soccorsi: Google ha istituito un servizio di Person Finder per mettere in contatto o cercare persone disperse nel paese; Twitter ha permesso di gestire informazioni in tempo reale; Facebook ha fatto la sua parte, con foto, video e aggiornamenti pubblicati dalle persone direttamente dai luoghi non ancora raggiunti dai media. Sembra che le catastofi sociali e i mezzi tecnologici spingano gli uomini ad amplificare il senso di cooperazione e a superare l'egoismo individualistico. Il marxiano general intellect è appena uscito dal sistema di macchine della fabbrica permeando tutta la società: la borghesia non può permetterselo, reprimerà (se potrà).
2000: Il
cervello sociale
2001: Rottura
dei limiti d'azienda
Ibride anticipazioni
La crisi attuale sta aprendo le porte ad anticipazioni dell'ambiente in cui esploderà la lotta non tanto contro gli effetti di questa società ma per la società futura. Intanto assistiamo alla clamorosa costituzione di comunità su Internet per coordinare le rivolte che stanno esplodendo dall'Atlantico al Caucaso, dal Mediterraneo all'Oceano Indiano. E poi, più sommessamente ma inesorabilmente, prende piede la comunità dei proletari costretti ad abbandonare il luogo della produzione fisica e a ingegnarsi puntando sul Web per sfidare il precariato e la disoccupazione. Ma accidenti, i WWWorkes, come li chiama Repubblica, sono già 9,5 milioni solo in Europa, potrebbero organizzarsi e diventare i nuovi IWW, Internet Workers of the World, organizzati in rete, non per posto di lavoro e non solo per sé stessi.
2001: Proletari,
schiavi, piccolo-borghesi o… mutanti?
2002: Che
fine ha fatto il progresso?
Partigianesimo risorgente e tenace
Siamo alle solite: mentre per i marxisti le rivolte sono episodi discreti nel maturare continuo delle rivoluzioni (e controrivoluzioni), ottusi marxologi continuano a sostenere il loro reazionario ritornello: da Pyongyang a Tripoli, passando per Teheran, tutto ciò che è "antimperialista" è buono. Milioni di persone in rivolta sfidano le pallottole della repressione, ma professori in pantofole sentenziano che ciò è il risultato di una "manovra" imperialistica. S'è addirittura letto un articolo in cui si attribuivano le rivolte "colorate" a un intellettuale di Boston e al suo manuale di resistenza sociale. Ma persino The Economist riconosce che nessuna forza politica può creare rivolte di quelle dimensioni. Tuttavia non c'è verso, per qualcuno è colpa della CIA. Ridicoli: il partito della rivoluzione non piove mica dal cielo.
1921: Partito
e classe
1921: Partito
e azione di classe
Germi di guerra telematica
Un gruppo di hacker cinesi ha superato le barriere elettroniche della banca Morgan Stanley. Questo non è che il più recente dei tanti fronti della sfida aperta dagli hackers dell'Estremo Oriente. Sei multinazionali in Europa e negli Stati Uniti (tra cui Exxon, Shell e Bp) sono state per tre anni il bersaglio di incursioni informatiche. Nel contempo più di 150 computer del ministero francese dell'Economia e delle Finanze hanno subito un attacco mirato, cioè condotto scegliendo fra 170 mila postazioni governative. Nel Web si guerreggia alla grande, e sappiamo solo quel che trapela.
2007: Dall'Equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio
Filosofessi
Commentando l'allarme nucleare nipponico, al ministro Alfano si allargava il cuore e non riusciva a trattenersi dallo scimmiottare esistenzialisticamente Pascal: che piccola cosa è l'uomo dinanzi all'infuriare della natura! Natura? Mentre Alfano filosofava, Cicchitto restringeva l'orizzonte del collega reclamando la necessità di affrontare adeguatamente il problema energetico: il nucleare è irrinunciabile. Irrinunciabile? Ma è il capitalismo - a cui non rinuncia neppure il più ecologista tra gli ecologisti - che non può fare a meno della dissipazione di energia più tremenda e insensata. Esso si nutre di ipertrofia produttiva, metropolitana, demografica. Eppure, restando tra filosofi, già Rousseau aveva notato che "più progresso" non vuol dire necessariamente "più civiltà".
1952: Politica
e "costruzione"
1970: Scienza
borghese, drogatura ideologica
Pruriti sindacali
All'interno delle Camere del Lavoro, ormai succursali dello Stato, incalza il dibattito sul "che fare". La cosiddetta sinistra sindacale sembra dare timidi segnali di vita. Se siano gli ultimi rantolii del moribondo oppure un disperato tentativo di risvegliarsi dal coma è tutto da vedere. Da alcuni documenti traspare l'esigenza di uno sciopero a oltranza contro la logica fallimentare degli scioperi puramente dimostrativi; in altri si avanza la richiesta di auto-organizzazione dal basso contro lo strapotere di non meglio definite caste burocratiche. Un rivoluzionario borghese sosteneva che quando grande è il disordine sotto il cielo, eccellente è la situazione. Soprattutto quando la si smetterà con le chiacchiere da apparato e si comincerà a lottare - senza limiti di spazio e tempo - per il salario ai disoccupati e la drastica diminuzione dell'orario di lavoro.
2005: Sciopero
generale: per saldare la lotta di tutti i lavoratori, più precari che mai
2010: A
tutti i lavoratori che salgono sui tetti
L'inutile bipede
In un articolo del Sole-24ORE intitolato Così i robot vanno alla conquista dello spazio e mandano in pensione astronauti e
astronomi si afferma che le esplorazioni spaziali saranno sempre più effettuate tramite robot. L'uomo è delicato, costoso e inaffidabile. Per la conoscenza dell'Universo non serve inscatolare il bipede e spedirlo nello spazio. Sordo, muto e cieco rispetto alle sue macchine, se ne stia a casa e ci eviti le passate melensaggini sulla "conquista" dello spazio. Comunque niente di nuovo: fu facile per la nostra corrente prevedere tutto ciò fin dagli anni '50 del secolo scorso.
1957: Triviale
rigurgito di illuminismo
1959: Elementi
della questione spaziale