Newsletter numero 175, 11 luglio 2011
Dalla Cina con furore
L'ondata della rivolta si sta facendo mondiale. Come diciamo da tempo, è un accumulo di energia potenziale che va trasformandosi in energia cinetica. La Cina con le sue 180.000 rivolte censite dal governo nel 2010 è l'area più turbolenta del pianeta. Le rivolte operaie stanno diventando numerose come quelle contadine o interclassiste, e questo è certo un salto di qualità. Incomincia a delinearsi un orientamento in senso proletario, e i proletari, che ne siano consapevoli o no, sono "spontaneamente" obbligati ad agire secondo l'organizzazione d'industria. Se fa paura la piccola Grecia, figuriamoci l'immensa Cina.
1957: Peculiarità dell'evoluzione storica cinese
Da strumenti a protagonisti?
In Siria vi sono 12 campi-profughi palestinesi. Il 6 giugno nel più grande, Yarmuk, i funerali dei caduti in uno scontro con gli israeliani sul Golan si sono trasformati in una violenta protesta. Ma quella contro lo storico nemico sionista è passata in secondo piano e la rabbia si è sfogata contro il Fronte Popolare di Liberazione di Jibril. Questo organismo, completamente in mano siriana, sarebbe colpevole, agli occhi dei profughi, di sfruttare la loro miseria e la loro disperazione a fini politici: in particolare alcune mortali azioni al confine con Israele sarebbero servite ad evitare il coinvolgimento dei palestinesi nella crisi del regime siriano. Il Fronte ha reagito uccidendo 14 manifestanti e ferendone quaranta. Come tutte le borghesie, anche quella palestinese, pur divisa in mille fazioni e asservita alle varie borghesie arabe, antepone la ragion di Stato alle esigenze della popolazione. La quale questa volta si è ribellata alla sua condizione di strumento anticipando forse una nuova consapevolezza.
2011: Marasma sociale e guerra
Il proletariato diffuso
Il Parlamento di Atene ha dato il via all'attuazione del piano di austerità, come a esorcizzare un problema che non è greco ma globale. I "mercati" festeggiano lucrando su "sudore e sangue". Intanto per le strade dilaga la rivolta. I media accusano "anarchici e sovversivi", ma è chiaro che si stanno amalgamando due realtà di classe: i proletari in senso stretto e le fasce proletarizzate, senza avvenire. Il grado di spontaneità è alto e quello di ideologizzazione è basso: senza sbocchi riformistici la miscela è oltremodo esplosiva. E non solo in Grecia.
2006: La banlieue è il mondo
La battaglia No Tav
Il 27 giugno erano assediati i No Tav, la settimana dopo nello stesso luogo erano assediati gli sbirri. Cesare assedia Vercingetorige e le tribù galliche assediano Cesare. Solo che qui esse non hanno la pozione magica di Asterix e nel gioco del tira e molla sugli sbarramenti non possono permettersi il lusso di sottovalutare la propria forza effettiva. Che consiste nella debolezza intrinseca dell'avversario, il quale sarà costretto a militarizzare 70 Km di valle trasformata in cantiere ad alta composizione organica di capitale. L'antitesi all'assedio barricadiero non sarà la deprimente fiaccolata con mamme e bambini ma lo sciopero, il picchetto, la mobilità senza salmerie. Il pericolo è che il minestrone sociale No Tav invece di bollire ammuffisca. Troppi politicanti sono infatti saliti in valle e, in mancanza di un'energia sufficiente da parte degli autoctoni, la deriva demo-parlamentare è l'opzione più probabile. C'è qualche sprazzo di orgoglio montanaro e i lavori sono ancora bloccati. Se i valligiani prendono in mano la situazione scalzando gli attuali leader e parassiti vari, non è detta l'ultima parola.
2002: Evitare il traffico inutile
Offensive padronali, lacrime sindacali
L'accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria firmato il 28 giugno dimostra che il maggiore sindacato non si è mai districato dagli ingranaggi dell'economia nazionale. Le lamentazioni interne senza azione conseguente servono a ben poco: l'allineamento era del tutto scontato. Persiste la responsabilità verso il Capitale e di conseguenza la santificazione del lavoro: alla festa bolognese per il 110° anniversario della FIOM, lo slogan ufficiale era "Tutti in piedi, entra il lavoro!". Sembra immensamente lontano il tempo in cui gli operai scendevano in piazza organizzando manifestazioni contro il lavoro, chiedendo una forte riduzione dell'orario e un salario decente per i disoccupati con le loro famiglie. Non saranno i "nuovi" modelli contrattuali a fermare i proletari, i quali anzi saranno costretti a spezzare gli attuali schemi concertativi e a ritrovare la forza nell'organizzazione immediata territoriale.
1997: "Diritto al lavoro" o libertà dal lavoro salariato?
Il bottegaio-capo
Al ministro Tremonti, già fustigatore delle banche (a parole), è riuscita l'ardua impresa di creare un fronte d'opposizione che va dalla destra leghista al centro pretesco, dai giustizialdipietristi ai radical-chic vendoliani, dai sindacati gialli a quelli rosé. E' bastato prospettare, nella prossima manovra finanziaria, il blocco delle pensioni dai 1.428 euro in su, perché si alzassero all'istante alti e compattissimi lamenti contro l'attacco ai "cittadini più poveri". La situazione è facilmente spiegabile e ha risvolti interessanti: con la crisi che riduce il numero dei borghesi e dei proletari occupati, le mezze classi sono diventate le maggiori consumatrici del valore prodotto. Esse, schiacciate fra il proletariato e la borghesia, producono pur sempre l'esercito dei politicanti. Ma i loro redditi dipendono da profitto e salario, per cui uno scenario con pochi "ricchi" e tanti "poveri" le affama. Come teorizza anche il premio Nobel Paul Krugman.
2011: L'outsourcing globale, ovvero la legge di Say in salsa keynessiana
Il Ministero dell'Innovazione
L'ineffabile ministro Brunetta ha voltato insolentemente le spalle ad alcuni precari che gli rivolgevano delle garbate domande, apostrofandoli come "la parte peggiore d'Italia". La situazione non era di quelle che facevano venire in mente la fine di Maria Antonietta dopo i suoi consigli ai sanculotti incazzati che chiedevano pane. Perciò il ministro ha fatto il duro e non ha recitato la classica presa per i fondelli di ogni politico: far finta di ascoltare, profondersi in promesse di circostanza, mostrarsi rassicurante come un piazzista. E' stato invece sincero, e ha manifestato il suo più sentito odio di classe. Innovi, ministro, faccia scuola, soprattutto fra i proletari.
1996: Necessità della lotta di classe
A scuola non impara nessuno
Panorama scuola: classi pollaio, disabili emarginati, docenti in sovrannumero, precari "storici", operatori delle scuole private rapinati, insegnanti "idonei ma non abilitati" schiavizzati più di quelli di ruolo. La formazione è un optional. Per adesso le svariatissime forme di disperazione - in primis quelle dei precari - sono tutte accomunate dall'esclusivo ricorso a forme di lotta autolesioniste. Dal canto loro sindacatini e sindacatoni non sembrano conoscere altro che ricorsi alla magistratura. Lotta niente.
2003: L'estinzione della scuola e la formazione dell'uomo sociale
Proudhonismo risorgente e tenace!
Il fenomeno è ricordato nelle nostre Tesi del dopoguerra. Il vecchio stalinismo, oltre che hegelismo applicato, era una variante proudhoniana: dal colcos al consiglio di fabbrica, dalla comune autosufficiente allo stato socialista in un paese solo, fu il trionfo del locale contro il globale. Oggi sono tutti democratici, tutti ad arrampicarsi sui vetri per dimostrare che erano antistalinisti anche quando inneggiavano a Baffone. Non vogliamo fare del moralismo, certamente, ma constatiamo che funziona benissimo la tesi marxista del riflesso dei fatti reali sul cosiddetto pensiero. Il Pensiero con la maiuscola di milioni di marxisti e antimarxisti è stato cancellato e ricodificato in breve tempo. Tra i neo-proudhoniani ci sono i promotori della recente doppia ondata schedaiola, amministrativa e referendaria. Illudersi di poter migliorare le cose ogni pochi anni attraverso le elezioni di un parlamento è già un indice di completo asservimento ai meccanismi di controllo sociale borghese, ma illudersi di poter influire sui disastri prodotti dal capitalismo globale ricorrendo alla democrazia locale è rimedio peggiore della malattia.