Quale rivoluzione in Iran? (1985)

112 pagine

I veri comunisti rivoluzionari iraniani devono condurre una lotta spietata su due fronti: da una parte, per riaffermare la validità del programma comunista, dall'altra, per finirla con il metodo delle discussioni democratiche, con i compromessi, con la tendenza frontista sempre presente quando si tratti di difendere la democrazia calpestata, vuoi dallo Scià, vuoi dalla repubblica islamica. Ne sappiamo qualcosa proprio qui in Italia, dove il fascismo è stato inventato e dove l'antifascismo ne è risultato il più deteriore prodotto.

È tempo che la corrente genuinamente marxista, che sappiamo esistere, anche se allo stato embrionale, faccia tutti gli sforzi per emergere dalla palude in cui è impantanata la discussione, produca i suoi documenti scritti, denunci le manovre che vengono compiute in nome del marxismo, si approprii del programma che un secolo e mezzo di lotte ha forgiato. La forza di un movimento sta nella saldezza e nel rigore del suo programma politico e non nel numero contingente dei suoi aderenti che può variare moltissimo a seconda delle circostanze storiche. Solo con una posizione netta e precisa è possibile raccogliere aderenti senza trovarsi poi alla prima occasione a dover rimettere in discussione tutto perché sono intervenuti "fatti nuovi". L'Iran è definitivamente entrato nel novero dei paesi capitalisticamente maturi nonostante gli ulema, gli ayatollah e Khomeini, e non possono sopraggiungere "fatti nuovi" a provocare cambiamenti nella tattica rivoluzionaria comunista (questo passo è citato dal volume).

Indice del volume:

Quaderni di n+1